Il Messaggio del Presidente

Il Valore aggiunto delle Fondazioni
Dal 1990 ad oggi, nonostante un percorso travagliato, costellato di ostacoli legislativi e tuttora non del tutto superato, le fondazioni, di qualunque natura esse siano, sono divenute protagoniste di quel terzo settore che ha progressivamente assunto un'importanza crescente, in qualità di costruttore, insieme allo Stato ed al mercato, di una nuova concezione di welfare. Un sistema che si richiama, rigenerandola, a quella tradizione filantropica europea che ha consentito la creazione, un po’ ovunque, di scuole, università, ospedali, opere per l’infanzia e per i giovani, servizi di assistenza.
Il nostro Paese, insieme alle altre società avanzate, è oggi chiamato a ripensare il concetto e i confini del welfare, anche attraverso il riconoscimento di una sempre maggiore rilevanza del principio costituzionale di sussidiarietà, in senso orizzontale e verticale. La direzione segnata appare sempre più quella del passaggio da un welfare State ad una welfare Society, in cui lo Stato, i privati e gli organismi, senza fini di lucro, concorrono nell'offerta di servizi alla persona, in modo che questi possano essere efficienti e competitivi anche nei costi e il cittadino possa godere di una piena libertà di scelta, in una situazione di reale parità di condizioni. In un simile contesto, le fondazioni ex bancarie, e quelle che, come la Fondazione Roma, dopo aver definitivamente interrotto il legame con la banca conferitaria e aver concentrato ogni attenzione e ogni energia esclusivamente nell’attività filantropica e di rilevanza sociale, possono ormai definirsi fondazioni di diritto civile, occupano, insieme agli altri soggetti del terzo settore, gli spazi sempre più ampi non presidiati dal pubblico e dal mercato, grazie alla loro provata capacità, associata alla disponibilità di risorse adeguate, di rappresentare un punto di riferimento progettuale e organizzativo per idee e interventi di alta qualità sociale, che non trovano accoglienza da parte degli altri soggetti economici.
Le fondazioni, infatti, forti della loro lunga tradizione filantropica, hanno le carte in regola per accreditarsi quali partner discreti, e al tempo stesso leali ed affidabili, dello Stato e delle sue articolazioni territoriali, oltre che di quei privati che dimostrino di poter offrire ulteriore valore aggiunto in termini finanziari e di progettualità, per concorrere a realizzare una nuova rete di garanzie sociali, in grado di affrontare con strumenti adeguati ed a costi sostenibili le sfide lanciate dal profondo mutamento del contesto globale e locale.
Il nostro fragile sistema di garanzie sociali, infatti, per quanto non meriti di essere smantellato o accantonato, dev’essere rimodulato e aggiornato, alla luce di una delle crisi economiche più gravi della storia recente, così da prospettare un nuovo modello che lasci spazio al bisogno di socialità e di partecipazione diretta dei cittadini alla gestione dei beni collettivi. Il tema è stato oggetto di una mia lunga e meditata riflessione, che ha condotto al mio ultimo libro, dal titolo “Il terzo pilastro. Il non profit motore del nuovo welfare”, con il quale ho elaborato, dimostrandone la fondatezza e la fattibilità, la proposta secondo cui il terzo settore, quel variegato mondo composto da associazioni, fondazioni, ong, cooperative sociali, imprese sociali, organizzazioni di volontariato costituite anche sotto forma di onlus, può essere l’elemento nuovo in grado di assicurare uno sbocco positivo al superamento della crisi dello stato sociale. Questo mondo così plurale rappresenta per me il “terzo pilastro” in grado di concorrere alla costruzione di una welfare Community meno dispendiosa e più efficiente.
In questa prospettiva, allo Stato non spetterebbe più il ruolo di gestore ed erogatore diretto di beni e servizi, bensì quello di responsabile delle scelte strategiche e programmatiche di fondo, oltre che di controllore del rispetto degli standard qualitativi e dei principi di universalità. Perché il progetto della welfare Community si realizzi concretamente occorrono, tuttavia, a mio giudizio, due condizioni imprescindibili: un contesto giuridico coerente, che valorizzi e rafforzi il principio di sussidiarietà, e uno sforzo concorde e deciso del terzo settore per superare le proprie obiettive criticità, migliorando, ad esempio, la gestione organizzativa interna, la formazione professionale del capitale umano, e tentando di rendersi maggiormente autonomo dai condizionamenti politici e dal finanziamento esterno, così da legittimarsi di fronte ai suoi stakeholder come una vera e propria infrastruttura civile.
In questo contesto un ruolo essenziale lo sta svolgendo la Fondazione Roma, che ho l’onore di presiedere, un’istituzione di lunga e solida tradizione, espressione originale dell’autonomia privata e dello spirito di iniziativa della società civile, il cui ruolo, dopo estenuanti battaglie, è stato finalmente e autorevolmente riconosciuto dalla sentenza n. 300 del 2003 della Corte Costituzionale, che, una volta per tutte, ha stabilito il principio secondo il quale esiste una sfera di attività, di funzioni e di interessi che non appartiene né allo Stato, né all’ambito del mercato e dell’iniziativa economica, ma che compete al mondo plurale e articolato di una società di mezzo, presidiato da organismi di vario genere che sono stati chiamati “soggetti dell’organizzazione delle libertà sociali”.
La Fondazione Roma, che rappresenta la più grande fondazione di natura associativa del nostro Paese, rientra a pieno titolo all’interno di questa realtà ed è parte di quell’embrione di una nuova classe dirigente che ha precisi connotati distintivi: proviene dalla società civile, conosce bene il proprio territorio di riferimento, ma, al tempo stesso, possiede una visione più ampia, riuscendo a raccordare la dimensione locale con quella globale.
Tutta l’attività della Fondazione Roma è orientata a sostenere la crescita del territorio in settori strategici per lo sviluppo civile, come la sanità, la ricerca scientifica, l’arte e la cultura, l’istruzione, l’assistenza alle categorie sociali deboli, in un’ottica orientata a fare rete con altri soggetti pubblici e privati. Essa ha saputo misurarsi con successo con i cambiamenti del contesto sociale, aggiornando gli strumenti della sua attività e approfondendo la propria scelta nei confronti del modello operativo, che prevede la realizzazione di progetti complessi e stabili, realizzati in proprio o con altri soggetti. Alla base di questa opzione c’è la consapevolezza di dovere non più semplicemente distribuire risorse, ma orientare la domanda di intervento e promuovere i talenti e i progetti che emergono dalla società civile e che possono risultare un valore aggiunto per la collettività.
Dalla esperienza acquisita in ambito locale, dalla sua capacità di analizzare i problemi del territorio e progettare interventi concreti, è nata l’ambizione di applicare a un piano più vasto questo modello operativo. La Fondazione è così riuscita a coniugare l’interpretazione aggiornata della sua attività di intervento con la scelta di rappresentare un “centro” di idee e progetti, un think tank in rapporto alle più ampie problematiche del nostro tempo.
Un’intuizione vincente, come ha dimostrato il successo del World Social Summit, promosso dalla Fondazione Roma con l’obiettivo di approfondire a livello mondiale le numerose questioni che segnano l’evoluzione sociale, mettendo a confronto personaggi di grande prestigio, premi Nobel, studiosi, ricercatori, imprenditori e rappresentanti delle istituzioni nazionali e internazionali. La prima edizione, tenutasi nel 2008, ha avuto come titolo Fearless: dialoghi per combattere le paure planetarie ed ha offerto una base su cui lavorare per far sì che la società del futuro sia in grado di affrontare meglio le proprie paure. Anche la Fondazione Roma Mediterraneo, nata nel 2008 per iniziativa della Fondazione Roma, con lo scopo di promuovere lo sviluppo economico, sociale e culturale dei Paesi del Mediterraneo, intende proporsi come un attivo laboratorio di idee, in grado di realizzare progetti innovativi, come l’occasione della Conferenza internazionale “Mediterraneo: porta d’Oriente”, tenutasi nel maggio 2010 a Palermo, che ha riunito intellettuali, esperti, rappresentanti del mondo imprenditoriale e istituzionale, studiosi per dibattere i principali temi sui quali costruire lo sviluppo delle relazioni fra l’Italia –Roma in particolare – il Mediterraneo e l’Oriente.
Grazie alla sua storia e al suo radicamento sul territorio, la Fondazione Roma esercita così un duplice ruolo, di catalizzatore di sviluppo locale e di promotore di innovazione sociale, svolgendo altresì una funzione “pedagogica” verso le altre componenti del non profit, educando alla sussidiarietà e alla diffusione delle best practices.
Soggetto privato solidamente patrimonializzato e ben amministrato, la Fondazione Roma rappresenta certamente un modello, in grado di valorizzare la rete di organismi non profit e di sviluppare forme di partenariato tra tutti i soggetti, comprese le imprese profit che vogliano impegnarsi nella difficile sfida di ridefinire un’adeguata struttura di garanzie sociali.
L’obiettivo primario si conferma quello di attuare interventi mirati e concreti, in grado di dare risposta alle crescenti emergenze del territorio, nel segno della solidarietà attiva ed efficiente e della sussidiarietà, con la consapevolezza che le risorse messe a disposizione, per quanto ingenti, non sono sufficienti a dare soluzione definitiva a problematiche complesse e diffuse.
Tale vocazione, di per sé assai impegnativa, si esplica per di più in prevalenza nell'ambito di una città quale Roma, che soffre di molti mali comuni alle grandi aree metropolitane, non ultimi quelli legati agli imponenti flussi migratori dalle aree svantaggiate del pianeta, ma che, al contempo, è culla della civiltà occidentale, con un patrimonio archeologico, architettonico, artistico imponente, sede del successore di Pietro e centro della Cristianità, capitale della Nazione, per cui sentiamo ancora di più la corresponsabilità nel sostenere gli sforzi per renderla sempre più accogliente, solidale, prospera ed efficiente. Nei confronti di Roma, pertanto, ma anche dell'intera Regione Lazio, la nostra Fondazione è chiamata ad essere un dinamico laboratorio di idee e progettualità, un interlocutore serio ed affidabile di tutti i soggetti che vogliano concorre alla descritta missione, un polo di energie propositive, pensato e creato per valorizzare ogni iniziativa, proveniente da qualsiasi parte, dall'interno o dall'esterno, da soggetti pubblici o privati, purché in sintonia con gli ambiziosi obiettivi che essa intende perseguire.
Siamo orgogliosamente e realisticamente certi di saper vincere la difficile sfida che ci attende.
Prof. Avv. Emmanuele Francesco Maria Emanuele
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