Il pranzo con i giovani alla Giornata della
Gioventù di Rio, il 26 luglio 2013 (credits: Getty Images)
Il
piatto più prelibato? Per i
Gesuiti non ci sono dubbi: il pane. La tradizione dell’ordine favorisce la
cucina semplice, e una delle regole per i commensali è proprio quella di saziarsi di pane, perché così si evita il
“disordine” che viene dall’essere “
tentati da altri alimenti”. Il gesuita
Jorge Mario Bergoglio ha evidentemente preso a cuore questa impostazione.
La dieta del Papa, infatti, riflette la sua
austerità religiosa. Al tempo stesso, però, l’austero Francesco si rivela un uomo che apprezza i
piaceri semplici, e alcuni dei prodotti per i quali la sua Argentina è famosa, non dimenticando, comunque, le sue radici italiane. La
prima cena che Jorge Bergoglio ha consumato dopo l’elezione al
Soglio di Pietro è stata con il collegio dei cardinali. Il menu prevedeva un piatto di
pasta molto semplice; al termine, ha raccontato il cardinale
Timothy Dolan, arcivescovo di New York, è stato proposto
un brindisi
a Francesco, il quale ha accettato e ha, anzi, ricambiato, alzandosi in
piedi e lanciando a sua volta un brindisi ai cardinali, esclamando, con
un sorriso, «
E che Dio vi perdoni!».
Ma è proprio da un brindisi che possiamo partire per un nuovo
viaggio nelle sobrie, ma non banali, abitudini gastronomiche del
Santo Padre. Un brindisi che, molto probabilmente, Francesco farebbe con
un bicchiere di vino: è noto, infatti, come gradisca, di tanto in tanto, un sorso di corposo
rosso Malbec, classico vino argentino, particolarmente apprezzato se proviene dalla provincia di
Mendoza, dai vigneti di
Lujàn de Cuyo o da quelli nella Valle de Uco.
L’arcivescovo si prepara la cena
Durante il suo servizio come arcivescovo di
Buenos Aires, non era raro che a
papa Bergoglio fosse chiesto di partecipare a feste o a cerimonie, perfino a
compleanni o a benedizioni delle cucine di
ristoranti appena inaugurati. Da pastore sempre desideroso di
condividere la vita quotidiana del suo gregge, l’arcivescovo cercava di essere
presente
il più spesso possibile (naturalmente muovendosi in autobus o
in metropolitana, passeggero tra i passeggeri…), ma molto
raramente decideva di fermarsi a
pranzo o a cena.
Era noto, infatti, come Bergoglio preferisse pasteggiare con una
scodella di zuppa, cucinata da lui stesso, nel suo appartamentino al secondo piano del
palazzo della Curia, a pochi passi dalla cattedrale. Dove il Papa abbia imparato a cucinare, è ormai storia: nella
cucina che era il cuore della casa di famiglia, nel
quartiere Flores. «
Credo che i miei genitori abbiano comprato quella casa perché aveva una cucina enorme», ha raccontato
Maria Elena Bergoglio, sorella del Pontefice, al quotidiano
La Repubblica.
Pranzi infiniti e bellissimi
«Il fatto è che dopo averla comprata non sapevano più dove mettere i loro
cinque figli… Ricordo la sacralità delle domeniche: prima a
messa, nella chiesa di San José, poi i
pranzi infiniti e bellissimi, con cinque, sei, anche sette portate. E con i dolci. Eravamo
poveri ma con grande dignità, e sempre fedeli a quella che per noi era
la tradizione italiana.
Mamma era una
cuoca eccezionale. Faceva la pasta fresca, i
cappelletti con il ragù, il
risotto
alla piemontese, e un pollo al forno da leccarsi i baffi. Mamma non
poteva portare in tavola per due volte di seguito lo stesso piatto. Papà
si offendeva. E allora con tutto
quello che avanzava s’inventava altre cose. Mascherava». E per certi piatti della “
tradizione italiana” anche l’arcivescovo avrebbe fatto uno strappo alla sua
abituale sobrietà.
Una volta raccontò scherzosamente di essersi recato in
un convento per godersi una porzione di pane italiano inzuppato nella
bagna cauda, la tipica “
salsa calda” piemontese a
base di olio extravergine d’oliva, acciughe e aglio, servita in
un tegame di terracotta mantenuto caldo dalla fiamma di una
candela messa sotto, e usata per dare gusto a tante
verdure di stagione. E non poteva non fare parte dei gusti di
Bergoglio il caffè espresso, che gli Argentini chiamano il cafecito: a
Buenos Aires, l’arcivescovo era solito fermarsi durante le sue lunghe passeggiate a berne uno.
Prima del
caffè, però, c’è il pasto. E allora nei piatti portati in tavola per il
Pontefice si troveranno preferibilmente del
pollo arrosto servito senza pelle e accompagnato da un’
insalata, talvolta del pesce, della patata dolce e
tanta frutta, con melone fresco in testa. Non si troveranno, invece, certi sostanziosi classici
piatti argentini, come
l’asado, ovvero la grigliata mista di carne, o le ricche e friabili
empanadas, fagottini ripieni tanto di uova sode quanto di manzo tritato
(il picadillo). In linea perfetta con le
tradizioni della sua terra natia (con il 98 per cento dei suoi connazionali, secondo una ricerca statistica), invece,
Francesco ama matear, cioè degustare il
mate, l’infuso più amato in tutta l’America Latina.
I gusti curiosi dei papi del passato
La dieta di
papa Francesco non è soltanto frugale, ma anche decisamente
sana. Il confronto con i suoi predecessori rivela molte curiosità.
Giovanni Paolo II era capace di mangiare un panino al burro con
latte di capra
per la prima colazione e carni polacche con vino a pranzo, limitandosi
ad avanzi per la cena; come dessert amava una torta polacca alla crema,
che è divenuta nota come
crema papale. Anche il
papa emerito Benedetto XVI per molto tempo ha seguito una
dieta in stile “bavarese” che poteva prevedere anche un po’ di birra fermentata nello stile dei
monaci (e digressioni più “mediterranee” come fettuccine con gamberi, zucchine e zafferano).
Ben più forti erano i palati dei
papi del passato, abituati a tenori di vita da monarchi assoluti. Se
papa Gelasio (il cui pontificato andò dal 492 al 496) è rimasto nella leggenda per avere inventato
le crêpes, va detto che lo fece non per ghiottoneria ma per sfamare
i pellegrini francesi che giungevano a Roma.
I banchetti dei papi dei secoli andati
La debolezza per le anguille del lago di
Bolsena e per il
vino Vernaccia costò cara a
Martino IV
(il francese Simon de Brion, 1281- 1285), che morì per una
indigestione di pesce, ma ebbe almeno la soddisfazione di rimanere
nella storia grazie a
Dante Alighieri che lo ricordò fra i
golosi in Purgatorio (
Canto XXIV, 22-24, della Divina Commedia).
Pio II (Enea Silvio Piccolomini, 1458-1464) spese in banchetti 200mila fiorini, una
cifra astronomica per i suoi tempi e anche per i nostri, visto che si aggirerebbe sui dieci milioni di euro. Di
Pio IV (Giovanni Angelo Medici, 1559-1565), invece, si ricordano
banchetti da 24 portate e una passione per le rane fritte.
Papa Innocenzo XI (Benedetto Odescalchi, 1676-1689) disse che «
Non è peccato mangiare e bere a sazietà per il solo piacere », e sarebbe stato beatificato da
Pio XII nel 1956.
Gregorio XVI (Mauro Cappellari, 1831-1846) aveva una passione che lo avvicinava al primo Papa, Pietro: amava andare a
pesca e consumare le sue prede.
In fondo, un comportamento “sportivo”, quasi umile.
Più sobrietà: così vuole Francesco
Tutt’altro che umile, invece, il comportamento di
gozzoviglie di un papa di Avignone. Il 22 novembre
1324, una nipote di
Giovanni XXII (Jacques Duèze, 1316-1334) diede
un banchetto a
base di otto buoi, 55 montoni, otto maiali, quattro cinghiali, 22
capponi, 690 polli, 580 pernici, 270 conigli, 37 anatre, quattro gru,
due fagiani, due pavoni, 292 uccellini, un’enorme
quantità di pesci, più di tre
quintali di formaggio, tremila uova, duemila frutti e ben 4.012 pani. Il tutto innaffiato da vino di
Bordeaux. Francesco avrebbe certamente condannato
Giovanni XXII. È una cosa che possiamo dire pensando alla sua reazione di dissenso quando ha saputo del
costoso buffet sul tetto del palazzo della
Prefettura per gli Affari economici del Vaticano, cui sono stati invitati circa
150 ospiti “vip”, fra i quali politici, imprenditori e giornalisti, in occasione della canonizzazione di
Giovanni XXIII e
Giovanni Paolo II, lo scorso 27 aprile.
Il lussuoso
rinfresco è costato
5mila euro di vivande e
13mila di allestimento, pagati da due società private. Francesco ha chiesto di avere una relazione sulla vicenda, vista come uno
“spreco”. Il Vaticano dell’era Bergoglio non ospiterà più fastosi banchetti. Non sono compatibili con la «
Chiesa povera tra i poveri» che vuole il suo pastore argentino.
I piatti argentini che lui non ama
Le “
empanadas” sono dei fagottini di pasta,
fritti o al forno, che possono essere salati e dolci; ogni città ha la sua specialità, il suo modo di utilizzare
carni, verdure e formaggi per il ripieno. L’“
asado” è la grigliata di carne, tipicamente di
manzo; la grigliata è un momento di ritrovo fondamentale nella tradizione dell’
Argentina, da sempre Paese di allevamenti estensivi.
Un sorso di mate
Secondo uno studio, il 98 per cento degli Argentini beve il
“mate”, il caldo infuso di “
yerba mate” (erba “mate”) diffusissimo e amato in tutto il
Sudamerica. Dagli anni Ottanta del XX secolo, in Argentina si celebrano
due Feste nazionali del “mate”,
nella città di
Paranà (fra gennaio e febbraio) e nella località di
Colonia Italiana (fra agosto e settembre).
Sulla tavola di Papa Francesco
Il pollo arrosto (da mangiare senza pelle, però: è grassa e ipercalorica), i cappelletti al ragù dei giorni della
giovinezza nella casa di famiglia a
Buenos Aires, il Malbec, orgoglio dei viticoltori argentini: ecco quello che c’è da sapere (ricette per
4 persone):
Il pollo arrosto
Accendete il
forno e puntatelo sulla temperatura di
200°. Spennellate con
olio extravergine d’oliva un pollo di un chilo ben spennato e pulito; preparate
un trito di sale ed erbe
aromatiche (potete aggiungere un paio di spicchi di aglio o scorza di
limone), e usatelo per ricoprire il pollo e farcirlo
all’interno. Mettete
il pollo in una pirofila sul cui
fondo avrete versato un velo d’olio. Quando il forno raggiunge i 200°,
mettete dentro la pirofila col pollo. Calcolate
circa un’ora di cottura a questa temperatura. Dopo mezz’ora,
girate il pollo con un forchettone per farlo cuocere in ogni parte e bagnatelo con il suo liquido di cottura. Per avere anche un contorno di
patate arrosto, tagliatene un chilo a tocchetti e aggiungetele nella pirofila quando fate il controllo di cottura
dopo mezz’ora.
Cappelletti al ragù
Per il ragù, unite
3 etti di manzo e 2 etti di lombo di maiale, magri e macinati. Preparate un tegamino di
brodo (eventualmente di dado). Preparate una base con una piccola
cipolla, un mezzo gambo di
sedano e una
carota tritati fini (un etto in tutto), un filo d’olio e un tocchetto di
burro:
fate soffriggere fino a quando gli odori sono ammorbiditi, e
quindi aggiungete la carne, mescolate bene e aggiungete un
mezzo bicchiere di buon
vino bianco, che fate evaporare
velocemente alzando la fiamma e mescolando. Salate secondo il
vostro gusto. Quando il composto è “asciutto”, aggiungete un paio d’etti
di
passata di pomodoro, con tre cucchiai di brodo. Lasciate cuocere sobbollendo per
almeno un’ora, mescolando ogni tanto; se il ragù vi sembra asciutto, aggiungete brodo.
Il vino Malbec
Il vitigno Malbec è originario della
Francia, della regione di Cahors (nel Sud-Ovest del Paese), ed è stato esportato in
Sudamerica nell’Ottocento, prima in Cile e poi in
Argentina, dove trovò suolo e clima perfetti, in particolare nella regione di
Mendoza, nel versante occidentale del Paese. All’inizio del Novecento la maggior parte dei
vigneti di Mendoza già erano di “uva francese”, com’era detta, e progressivamente quantità e qualità del
vino sono cresciute. Negli anni Novanta il Malbec si è imposto come
“campione” dei vini rossi argentini. Si possono individuare
quattro “tipi” di Malbec:
giovane (per accompagnare antipasti, pizza, carne alla griglia…),
rosé (come aperitivo, con pollo e tacchino, pesce),
di buona maturazione (carni con salse, risotti) e
gran Malbec (cacciagione e carni di sapore “forte”).
di Giorgio Nadali
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