Guerra del Golfo
La
guerra del Golfo (2 agosto
1990 – 28 febbraio
1991),
[6] detta anche
prima guerra del Golfo in relazione alla cosiddetta
seconda guerra del Golfo, è il conflitto che oppose l'
Iraq ad una coalizione composta da 35 stati
[7] formatasi sotto l'egida dell'
ONU e guidata dagli
Stati Uniti, che si proponeva di restaurare la sovranità del piccolo
emirato del
Kuwait, dopo che questo era stato
invaso dall'Iraq.
La prima guerra del Golfo fu anche un evento mediatico che segna uno spartiacque nella storia dei media. Fu infatti definita
La prima guerra del villaggio globale.
[8]
Cause scatenanti
Il 2 agosto del
1990 il
ra‘īs (presidente)
iracheno Saddam Hussein invase il vicino Stato del
Kuwait.
Le ragioni dell'invasione vanno rintracciate su due livelli: il primo, consistente in una prova di forza con gli Stati Uniti ed i loro alleati, come conseguenza dell'ambigua politica mediorientale portata avanti dal governo di Washington durante e dopo la Guerra Iran-Iraq[senza fonte];
il secondo rivendicando l'appartenenza del Kuwait alla comunità
nazionale irachena, sulla scorta del comune passato ottomano e di una
sostanziale identità etnica, malgrado tuttavia l'Iraq avesse
riconosciuto l'indipendenza del piccolo
Emirato del
golfo Persico quando questo era stato ammesso alla
Lega araba.
L'invasione provocò delle immediate sanzioni da parte dell'
ONU che lanciò un ultimatum, imponendo il ritiro delle truppe irachene. La richiesta non conseguì risultati e il 17 gennaio
1991
le truppe americane, supportate dai contingenti della coalizione,
penetrarono in territorio iracheno. Le operazioni di aria e di terra
furono chiamate, dalle forze armate statunitensi,
Operation Desert Storm
motivo per cui spesso ci si riferisce alla guerra usando la locuzione
"Tempesta nel deserto". L'intervento della coalizione anti-irachena ha
trovato la sua motivazione più concreta nelle risorse petrolifere e nel
blocco dei capitali kuwaitiani sulle piazze finanziarie britanniche,
statunitensi e asiatiche causato dall'invasione irachena.
Diplomazia/Operazione Desert Shield
Tre C-130 delle aeronautiche militari egiziana, statunitense e saudita
Risoluzione ONU
A poche ore dall'invasione del 2 agosto
1990, la popolazione del Kuwait e le delegazioni statunitensi richiesero un meeting del
consiglio di Sicurezza ONU, che aveva approvato la
risoluzione 660, dove veniva condannata l'invasione e richiesto il ritiro delle truppe irachene. Il 6 agosto, la
risoluzione 661 stabilì delle sanzioni economiche contro l'Iraq.
Possibilità di attacco dell'Arabia Saudita
La decisione presa dall'occidente di combattere l'invasione irachena fu incoraggiata dalla potenziale minaccia irachena all'
Arabia Saudita. Il rapido successo dell'esercito iracheno aveva infatti esposto pericolosamente il vicino
campo petrolifero di
Hana[a quale campo si fa riferimento? su internet non trovo nulla con il nome "Hana"] a eventuali incursioni irachene. Tra l'Iraq e l'Arabia erano presenti diversi attriti: i debiti generati dalla
guerra Iran-Iraq
verso l'Arabia ammontavano a 26 miliardi di dollari ed inoltre il
confine tra le due nazioni era mal definito. Inoltre la posizione
saudita nel frenetico gioco diplomatico che aveva preceduto l'invasione
aveva dato all'
Iraq chiara dimostrazione di come i propositi del suo presidente (esponente dell'ala panaraba del partito socialista
Baath) non fossero condivisi dal
Sultano di
Riad.
Subito dopo la vittoria sul Kuwait, Hussein iniziò ad attaccare
verbalmente la dinastia saudita, affermando che le nazioni amiche degli
Stati Uniti erano guardiane illegittime delle città sante de
la Mecca e di
Medina. Hussein combinò il linguaggio dei gruppi islamici che erano stati recentemente combattuti in
Afghanistan con la retorica usata dall'Iran per attaccare i sauditi.
Operazione Desert Shield
La nave
USS Wisconsin
fu uno dei molti vascelli dispiegati per la missione Desert Shield. La
nave, nuovamente riattivata, aprì il fuoco contro bersagli nemici per la
prima volta dalla
guerra di Corea
Nel 1980 l'allora presidente
Jimmy Carter fece la seguente dichiarazione riguardante la sicurezza della regione del
golfo Persico, che divenne nota come la
dottrina Carter:
(EN)
« ...an attempt by any outside force to gain control of the
Persian Gulf region will be regarded as an assault on the vital
interests of the United States of America, and such an assault will be
repelled by any means necessary, including military force. » |
(IT)
« ...il tentativo di una forza esterna di controllare la regione
del golfo Persico sarà considerata come un assalto agli interessi vitali
degli Stati Uniti d'America, e come tale sarà respinto con tutti i
mezzi necessari, inclusa la forza militare » |
Il presidente
Ronald Reagan
illustrò nel 1981 questa politica dichiarando che gli Stati Uniti
avrebbero usato la forza per proteggere l'Arabia Saudita, la cui
sicurezza era minacciata dalla guerra tra Iran e Iraq. In base a questo e
temendo che l'esercito iracheno potesse lanciarsi in un'invasione
dell'Arabia, il presidente
George H. W. Bush
annunciò che gli Stati Uniti avrebbero intrapreso una missione
"totalmente difensiva" chiamata operazione Desert Shield per prevenire
un'invasione dell'Arabia da parte degli iracheni. Le truppe statunitensi
furono inviate nell'Arabia il 7 agosto
1990.
[9]
L'8 agosto l'Iraq dichiarò che parti del Kuwait sarebbero state annesse
alla provincia di Basra mentre il resto avrebbe costituito la 19ª
provincia dell'Iraq.
[10]
La
Marina statunitense mobilitò due gruppi navali, le
portaerei USS Dwight D. Eisenhower e la
USS Independence presenti nell'area assieme alle loro scorte. Un totale di 48
F-15 Eagle del
1st Fighter Wing alla base aerea di Langley in
Virginia
giunsero in Arabia Saudita, iniziando immediatamente pattugliamenti del
confine iracheno per rilevare e prevenire avanzate irachene. Le truppe
di terra raggiunsero le 500 000 unità. Gran parte del materiale
logistico venne trasportato per via aerea o tramite navi da carico
veloci. Tuttavia gli analisti militari erano concordi nel ritenere che
le forze statunitensi sarebbero state insufficienti per fermare
un'eventuale invasione irachena dell'
Arabia Saudita.
Costituzione della coalizione
Tra le varie risoluzioni ONU, la più importante fu la
numero 678, approvata dal Consiglio di Sicurezza il 29 novembre, dove era stabilito l'ultimatum per la mezzanotte del 15 gennaio
1991
Eastern Standard Time (altrimenti ore 08:00 am del 16 gennaio 1991 ora
locale dovuta a una differenza di 8 ore tra Washington Eastern Standard
Time e Baghdad) per il ritiro delle truppe irachene ed erano autorizzati
"tutti i mezzi necessari per sostenere e implementare la risoluzione
660", una formula diplomatica per l'approvazione dell'uso della forza.
Gli Stati Uniti assemblarono una coalizione di forze contro l'Iraq. Essa era costituita da 34 nazioni:
Arabia Saudita,
Argentina,
Australia,
Bahrain,
Bangladesh,
Brasile,
Canada,
Cile,
Colombia,
Danimarca,
Egitto,
Emirati Arabi Uniti,
Francia,
Germania,
Grecia,
Honduras,
Italia,
Kuwait,
Marocco,
Nuova Zelanda,
Niger,
Norvegia,
Paesi Bassi,
Oman,
Portogallo,
Qatar,
Regno Unito,
Senegal,
Spagna,
Sudafrica,
Corea del Sud e gli stessi
Stati Uniti d'America
Alcune nazioni furono restie nell'unirsi alla coalizione; alcune
convinte che la guerra riguardava una questione interna del medio
oriente ed altre preoccupate dall'aumento dell'influenza statunitense in
Kuwait. Infine comunque molte nazioni si convinsero delle intenzioni
belligeranti dell'Iraq verso gli altri stati arabi e offrirono aiuti
economici.
L'Italia ha partecipato schierando nel
golfo Persico sin dall'inizio dell'invasione del Kuwait una forza navale nell'
Operazione Golfo 2 e partecipato ai bombardamenti con dei
Tornado. Al termine delle ostilità alcuni
cacciamine hanno continuato a operare per bonificare le acque da
mine navali.
Ecco una tabella con il numero di truppe schierate e i maggiori eventi che hanno caratterizzato l'impegno di ciascun paese:
[11]
Cronologia degli avvenimenti
Rivendicazioni irachene sul Kuwait
- 18 luglio - il ministro iracheno Tareq Aziz invia un messaggio ufficiale alla Lega Araba
accusando il Kuwait di aver rubato petrolio all'Iraq estraendolo lungo i
120 chilometri di frontiera comune, e di aver inflazionato il mercato
petrolifero per far cadere il prezzo del greggio. Per questo, esige
l'annullamento di un credito di 10 miliardi di dollari, che il Kuwait
vanta nei suoi confronti. I toni si inaspriscono e l'Iraq decide di
dispiegare delle forze di terra lungo la frontiera.
- 27 luglio - in seguito alle richieste irachene, l'OPEC decide, per la prima volta dal dicembre 1986,
di aumentare il prezzo del barile da 18 a 21 dollari. Il guadagno di 4
miliardi di dollari in un anno non sarà comunque sufficiente a coprire i
fabbisogni dell'Iraq.
- 29 luglio - Saddam Hussein chiede al Kuwait come risarcimento danni le isole di Bubiyan e Warbah, che si trovano in posizione strategica rispetto al golfo Persico.
L'invasione del Kuwait ed i tentativi di soluzione pacifica
- 2 agosto - l'esercito iracheno invade all'alba il Kuwait con 100 000
uomini e 300 carri armati, vincendo in quattro ore la resistenza
dell'Emirato. Lo sceicco Jaber Al-Ahmed Al Sabah, sovrano dello stato,
ripara con la famiglia in Arabia Saudita, mentre suo fratello Fahd rimane ucciso, fra altre 200 persone, negli scontri di Kuwait City. Molti tra i velivoli della Royal Kuwait Air Force ﺍﻟﻘﻮﺍﺙ ﺍﻟﺠﻮﻳـة ﺍﻟﻜﻮﻴﺘﻴـة
(Al-Quwwat al-Jawwiyya al-Kuwaytiyya), dopo aver effettuato alcune
missioni di combattimento contro le colonne irachene avanzanti, si
rifugiano in Arabia Saudita. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU con una risoluzione condanna l'invasione.
- Negli Stati Uniti, il presidente George H. W. Bush convoca un'unità di crisi composta fra gli altri da James Baker, segretario di Stato, Colin Powell, capo dell'esercito USA, Norman Schwarzkopf, generale delle forze armate nel Golfo, Richard Cheney,
segretario alla Difesa. Intanto telefona personalmente a più di
sessanta capi di stato per mettere insieme un fronte comune al fine di
schierare contro Saddam, in caso di confronto, non solo gli Stati Uniti,
ma il mondo intero.
- 4 agosto - la Casa Bianca intima all'Iraq di ritirarsi dal Kuwait.
- 6 agosto - 13 dei 15 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite votano a favore di dure sanzioni economiche e commerciali contro
l'Iraq (si astengono Yemen e Cuba)
- 7 agosto - Saddam proclama in un discorso televisivo che il 2 agosto
si è verificato «il naturale sbocco della vittoria di Baghdad
sull'Iran», e che «l'annessione dell'Emirato del Kuwait al territorio
iracheno è totale e irreversibile».
- 9 agosto - l'Iraq chiude le frontiere, impedendo a circa diecimila
stranieri provenienti da paesi occidentali di tornare in patria.
- 10 agosto - la Lega Araba, in un summit al Cairo
si divide sulla questione irachena: una risicata maggioranza si impegna
a dislocare unità militari lungo la frontiera tra Iraq e Arabia
Saudita, al fine di evitare l'intervento degli Stati Uniti. Favorevoli a
Saddam sono Gheddafi e Arafat, mentre si astengono Algeria, Tunisia e Yemen.
- 15 agosto - dopo otto anni di guerra, l'Iraq inaspettatamente decide
di firmare la pace con l'Iran, restituendo 2600 chilometri quadrati di
territorio conquistati, riconoscendo i confini stabiliti nel 1975 con il trattato di Algeri, e consegnando a Teheran il controllo totale sullo Shatt al-'Arab. Il tutto in cambio della neutralità iraniana.
- 18 agosto - Saddam "invita" i cittadini occidentali bloccati a
rimanere in Iraq e annuncia che saranno "ospitati" in dei siti speciali.
La sua intenzione è quella di utilizzarli come scudi umani. Gli
stranieri provenienti da Asia e paesi arabi possono invece lasciare l'Iraq, senza però la possibilità di portare con sé i propri averi.
- 20 agosto - Vengono chiuse le ambasciate straniere a Kuwait City e
il personale diplomatico viene fatto rimpatriare. Rimangono aperte solo
le ambasciate di Francia, Regno Unito, Italia e USA, e il personale fa scorta di viveri per sopravvivere senza acqua, energia elettrica e servizi all'interno degli edifici.
- 23 agosto - Viene diffuso un video di Saddam circondato da ostaggi
britannici: tutto il mondo è indignato nel vederlo accarezzare la testa
di un bambino.
- 28 agosto - Consapevole dell'emozione provocata dal video del 23
agosto, Saddam decide di rinviare in patria le donne e i bambini
occidentali tenuti in ostaggio. Questo fa sperare gli ambienti
diplomatici in una soluzione non militare della crisi.
- 9 settembre - Mihail Gorbačëv e George Bush si incontrano a Helsinki
e, nel condannare l'aggressione, ribadiscono la loro volontà di
risolvere la crisi in maniera pacifica. Saddam minaccia: «Abbiamo dalla
nostra parte un miliardo di musulmani».
- 11 settembre - il Congresso USA, in sessione plenaria, applaude Bush per il primo bilancio sull'operazione desert shield e per l'intesa di Helsinki con il leader sovietico.
- 12 settembre - Giulio Andreotti, in qualità di presidente di turno della CEE, lancia un appello per una soluzione pacifica della crisi nel Golfo.
- 14 settembre - Alle unità già presenti nel Golfo, l'Italia aggiunge 8 cacciabombardieri Tornado e la fregata Zeffiro.
- A Kuwait City vengono prese d'assalto le ambasciate di Canada, Paesi Bassi e Francia. Tre addetti di quest'ultima vengono sequestrati.
- 15 settembre - François Mitterrand si impegna a rispondere all'azione del regime di Baghdad e fa espellere gli iracheni presenti sul territorio francese.
- 23 settembre - Saddam Hussein minaccia di colpire i pozzi petroliferi del Medio Oriente
- 24 settembre - Alla minaccia di Saddam il prezzo del barile
oltrepassa la barriera dei 40 dollari e i mercati borsistici
sperimentano una giornata nera, con crolli in tutte le piazze da Tokyo a Wall Street.
- 1º ottobre - in un discorso alle Nazioni Unite in seduta plenaria,
Bush dichiara che la guerra con l'Iraq è evitabile e che il suo governo
cerca una soluzione politica, accennando alla possibilità di risolvere
il conflitto arabo-israeliano
se il Kuwait venisse evacuato. I diplomatici non comprendono la
decisione di legare la questione dei territori occupati alla risoluzione
della crisi del Golfo. Nei giorni successivi si riaccende l'attivismo
dei Palestinesi e a nord di Beirut un commando apre il fuoco su 5 000 dimostranti seguaci del generale cristiano Michel Aoun. Gli Stati Uniti lasciano fare perché la Siria ha promesso agli USA 10 000 uomini e 200 carri armati per l'operazione desert shield.
- 6 ottobre - A Kuwait City viene chiusa l'ambasciata italiana. I
diplomatici vengono ospitati presso l'Ambasciata italiana a Bagdad,
ancora pienamente operativa.
- 10 ottobre - davanti al Congresso statunitense, una giovane
mediorientale fornisce piangendo una testimonianza degli orrori commessi
dall'esercito iracheno in Kuwait. L'avvenimento sarà videotrasmesso in
tutto il mondo, ma la testimonianza risulterà in seguito completamente
falsa: la giovane donna è la figlia dell'ambasciatore del Kuwait a
Washington e la montatura è stata architettata da un'agenzia
pubblicitaria, pagata da un'associazione di fuorusciti Kuwaitiani per
promuovere la guerra nel Golfo.[citazione necessaria]
- 18 ottobre - Roma. La parlamentare e pornostar Ilona Staller, in arte Cicciolina
si offre al leader iracheno come scudo umano. Ella scrive a Saddam di
poterlo incontrare per parlargli di pace e di amore e offrendo, in
cambio della cessazione del conflitto, il suo corpo al dittatore.
[citazione necessaria]
- 23 ottobre - rilasciati gli ultimi 300 ostaggi francesi trattenuti
in Iraq. Gli altri occidentali saranno rilasciati a poco a poco, con
l'interessamento di personalità di governo dei vari paesi. A Roma, intanto, un gruppo di familiari degli ostaggi manifesta davanti al Parlamento per il rilascio dei cittadini italiani ancora bloccati.
- 29 ottobre - alle Nazioni Unite il Consiglio di sicurezza vota la
decima risoluzione di condanna del regime di Saddam per i crimini di
guerra e per violazione dei diritti umani.
- 4 novembre - George Baker negozia con Gorbačëv la neutralità in
cambio di aiuti economici e di un impegno alla non ingerenza in caso di
dichiarazione d'indipendenza dei paesi del Baltico e del Caucaso.
- 19 novembre - altri 250 000 uomini sono inviati da Baghdad in Kuwait. Appare chiaro che l'Iraq dispone ancora di larghe risorse prima che si facciano sentire gli effetti dell'embargo,
e il Pentagono ha accertato che gli iracheni stanno preparando linee
difensive sotterranee e hanno intenzione di sabotare i pozzi petroliferi
del Kuwait.
- 29 novembre - il Consiglio di Sicurezza ONU vota la risoluzione 678, con cui legittima l'uso della forza contro l'Iraq e fissa alla mezzanotte del 15 gennaio 1991 il termine per il ritiro delle truppe dal Kuwait.
- 30 novembre - in un ultimo tentativo di risolvere la crisi in
maniera diplomatica, Bush invita Tareq Aziz alla Casa Bianca e decide di
inviare Baker a Baghdad, ma l'unico incontro che si realizza sarà
quello tra Baker e Aziz a Ginevra il 9 gennaio 1991.
- 6 dicembre - Saddam libera gli ultimi 300 ostaggi occidentali
trattenuti e afferma: «Siamo abbastanza forti da poter fare a meno degli
scudi umani». Gli Ambasciatori occidentali lasciano l'Iraq ad eccezione
di quello italiano, che rimane anche in rappresentanza della Presidenza
di turno dell'Unione Europea.
- 3 gennaio - a Washington
viene messa ai voti la decisione di Bush di usare la forza contro
l'Iraq: camera e senato la approvano, ma un sondaggio rivela che solo il
47% degli statunitensi è favorevole alla guerra (ad agosto era il 73%).
- 16 gennaio - alle ore 08:00 del 16 gennaio 1991 ora locale a Baghdad
(mezzanotte 15 gennaio 1991 Eastern Standard Time) scade l'ultimatum
delle nazioni unite
- 17 gennaio - 18 ore e 38 minuti dopo la scadenza dell'ultimatum dell'ONU alle 2:38 del mattino, ha inizio l'operazione Desert Storm, la più imponente azione militare alleata dal 1945 in poi.
Le operazioni militari
La campagna aerea
Operazione Instant Thunder
L'operazione
Instant Thunder fu il nome preliminare dato all'attacco aereo pianificato dagli Stati Uniti durante la guerra del Golfo.
[12] Fu pianificata come un attacco in forze che avrebbe dovuto devastare le forze militare irachene con perdite minime di civili.
[13][14] La pianificazione utilizzò il modello del cinque anelli.
[14]
L'operazione era costituita da tre fasi separate. La più breve fu la
prima, che avrebbe utilizzato la "soppressione delle difese" per
stabilire il controllo dello spazio aereo iracheno e kuwaitiano,
eliminando i radar nemici, tagliando le linee di trasporto utilizzate
dall'esercito iracheno e neutralizzando tutte le batterie antiaeree. La
prima fase dell'operazione includeva anche il bombardamento di tutte le
postazioni di comando militari e dei siti sospettati di contenere armi
chimiche. La seconda fase avrebbe dovuto disabilitare l'esercito
iracheno, assieme alle infrastrutture della nazione. Per conseguire
questi obiettivi sarebbero stati bombardati i depositi di armi, le
raffinerie e altre strutture critiche, rendendo impossibile riparare o
costruire gli armamenti.
Altri bersagli sarebbero state le infrastrutture civili, come
centrali elettriche e linee telefoniche. Infine, l'ultima fase avrebbe
compreso il combattimento diretto con le forze irachene. Indebolite
dalle prime due fasi, l'esercito non avrebbe fornito molta resistenza.
La pianificazione dell'operazione
Instant Thunder iniziò il 5 agosto 1990. Quando iniziarono le ostilità il 17 gennaio
1991, le tre fasi si consolidarono nell'operazione
Tempesta nel Deserto, poiché venne considerata anche un'offensiva di terra.
Avvio della campagna aerea
Il giorno successivo alla scadenza dell'ultimatum, la coalizione lanciò una massiccia campagna aerea con il nome in codice di
Operazione Tempesta nel Deserto, con più di 1000 uscite al giorno. Iniziò con la distruzione di due siti radar iracheni da parte di 8 elicotteri
AH-64 Apache e due elicotteri
Pavelow lungo il confine Arabo-Iracheno alle 2:38 ora di Baghdad. Alle 2:43 due
EF-111 Raven guidarono 22
F-15 Eagle
contro gli aeroporti H-2 e H-3 nell'Iraq occidentale. Qualche minuto
dopo uno degli EF-111 mise a segno il primo abbattimento contro un
Dassault Mirage iracheno.
EF-111 Raven
- Nessun aereo alleato venne abbattuto da un missile a guida radar
durante l'operazione tempesta nel deserto mentre era protetto dagli
EF-111 Raven
Alle 3, dieci stealth
F-117 Nighthawk sotto la protezione degli
EF-111 bombardarono la capitale
Baghdad. Nel frattempo vari bersagli della città erano colpiti dai missili cruise
BGM-109 Tomahawk,
mentre altri bersagli erano colpiti da aerei della coalizione.
L'attacco continuò per ore. Il quartier generale del governo, le
stazioni televisive, le piste dell'aviazione e i palazzi presidenziali
furono distrutti.
Altre armi utilizzate nella campagna aerea furono anche le cosiddette "bombe intelligenti" e i
missili da crociera, assieme alle bombe a grappolo e le
bombe "TagliaMargherite". L'Iraq rispose lanciando il giorno successivo otto
missili Scud contro Israele. Questi tipi di attacchi continuarono per tutta la durata del conflitto. In totale contro
Israele verranno lanciati 42
Scud,
che non reagì, per la necessità di fare restare unita la coalizione,
composta anche da paesi arabi che in caso di reazione israeliana
avrebbero defezionato.
La priorità primaria delle forze della coalizione fu la distruzione
della forza aerea e antiaerea irachena, un obiettivo che venne raggiunto
velocemente. Di conseguenza, gli aerei della coalizione poterono
operare senza troppe difficoltà. Anche se le capacità antiaeree irachene
furono superiori al previsto, solo un
F/A-18 Hornet venne abbattuto nel primo giorno delle operazioni. Le installazioni di missili terra-aria (
SAM) irachene furono distrutte attraverso l'uso di
EA-6B,
EF-111,
F-4G,
F-16C,
F/A-18 e gli
F-117,
e successivamente poterono essere inviati in sicurezza gli altri aerei.
Le missioni vennero lanciate principalmente dalle basi dell'Arabia
Saudita e da sei portaerei della coalizione posizionate nel golfo
Persico e nel
mar Rosso. Nel golfo Persico erano presenti la
USS Midway (CV 41), la
USS John F. Kennedy (CV-67) e la
USS Ranger (CV-61) (
classe Forrestal) mentre la
USS America (CV-66), la
USS Theodore Roosevelt (CVN-71) e la
USS Saratoga (CV-60) nel mar Rosso. Da queste navi partivano gli
F-14 Tomcat, impiegati per annientare le difese aeree irachene; infatti abbatterono numerosi
MiG-29,
Mirage F-1,
MiG-23,
MiG-25.
I successivi bersagli furono le strutture di comando e comunicazione,
nella speranza dei pianificatori della campagna militare di far
collassare velocemente la resistenza irachena.
Fuga delle forze aeree in Iran
F-14 Tomcat dal mar Rosso e dal golfo Persico attendono il loro turno di rifornimento da un
KC-10A Extender
sopra l'Iraq durante l'operazione Tempesta nel Deserto mentre conducono
la missione BONGCAP per fermare la fuga degli aerei iracheni
La prima settimana delle operazioni vide numerose sortite da parte
dei piloti iracheni esperti nel combattimento aereo a bassa quota.Con
l'utilizzo dei
MiG
guidati dai migliori piloti riuscirono a neutralizzare molti attacchi a
postazioni radar e antiaeree o di obiettivi sensibili. Le postazioni
antiaeree irachene abbatterono 2
F-15e strike Eagle e 1
F-14 Tomcat. Dopo 3 giorni di intense battaglie nei cieli iracheni 8
MiG e 26
Mirage iracheni furono abbattuti dagli aerei della coalizione (principalmente
F-14 Tomcat ed
F-15 Eagle) e subito dopo le forze aeree irachene iniziarono a dirigersi verso l'Iran.
[15]
Questo esodo di massa (da 115 a 140 aerei) in Iran prese in contropiede
le forze della coalizione, poiché si supponeva che si sarebbero diretti
in
Giordania,
una nazione più amichevole verso l'Iraq dell'Iran, che fu per lungo
tempo una nazione ostile. La coalizione aveva infatti posizionato degli
aerei sull'Iraq occidentale per fermare una tale ritirata verso la
Giordania, e non fu in grado di bloccare il passaggio verso l'Iran.
Fuoriuscita di petrolio nel Golfo
Il 23 gennaio, l'Iraq venne accusato di aver versato in mare 400 milioni di
galloni di
petrolio nel golfo Persico, provocando la più grande fuoriuscita di petrolio della storia
[16]. L'accusa di aver attaccato deliberatamente le risorse naturali per bloccare lo sbarco dei
Marines
fu negata dal governo iracheno, secondo il quale era stato causato dal
bombardamento della coalizione che avrebbe distrutto delle petroliere
irachene attraccate.
Bombardamento delle infrastrutture
La terza e più grande fase della campagna aerea era dedicata alla
distruzione di obiettivi militari, tra cui: lanciatori di missili
Scud-B, siti contenenti
armi di distruzione di massa,
centri di ricerca militari e forze navali. Circa un terzo della potenza
aerea fu concentrato nell'attacco delle postazioni di Scud, che erano
su mezzi mobili ed erano difficili da localizzare. Inoltre, alcuni
obiettivi erano utili anche per i civili, come centrali elettriche,
sistemi di telecomunicazione, strutture portuali, raffinerie, ferrovie e
ponti. Le centrali elettriche furono distrutte in tutto il paese, e
alla fine della guerra l'elettricità prodotta era scesa al 4% rispetto
alla produzione prima della guerra. Le bombe distrussero tutte le
principali dighe, le stazioni di rifornimento e molti centri di
trattamento delle acque di scarico.
I bersagli iracheni furono localizzati tramite fotografie aeree
utilizzando le coordinate GPS in riferimento a quelle dell'ambasciata
statunitense a Baghdad. Queste coordinate furono rilevate con precisione
da un ufficiale dell'aeronautica nell'agosto del 1990
[17].
Visuale dell'obice montato sulla cannoniera volante
AC-130 Spooky.
Strutture civili colpite
Nella maggior parte dei casi, la coalizione evitò di colpire le strutture civili. Tuttavia, il 13 febbraio
1991
due bombe intelligenti a guida laser distrussero una struttura che era,
secondo gli iracheni, utilizzata come scudo civile per gli attacchi
aerei, uccidendo centinaia di civili. Gli ufficiali statunitensi
affermarono invece che la struttura era un centro militare di
comunicazioni.
[18] L'ex direttore del programma nucleare iracheno, nel suo libro
Saddam's Bombmaker supporta la teoria che la struttura era utilizzata per entrambi gli scopi. Altre fonti contestano queste affermazioni.
Attacchi missilistici iracheni
L'Iraq lanciò dei missili sulle basi della coalizione nell'Arabia
Saudita e in Israele, sperando di trascinare Israele in guerra e
allontanare gli stati arabi dal conflitto. Questa strategia fu
inefficace: Israele non si unì alla coalizione, mentre rimasero in essa
tutti gli stati arabi tranne la Giordania, che restò ufficialmente
neutrale. I missili Scud causarono in generale danni leggeri, anche se
la loro pericolosità divenne chiara il 25 febbraio quando un missile
distrusse una caserma statunitense a
Dhahran
uccidendo 28 persone. Quelli diretti verso bersagli israeliani furono
poco efficaci perché al crescere della distanza gli Scud perdono
precisione in modo considerevole. Gli Stati Uniti dispiegarono due
battaglioni di
missili Patriot
in Israele per deflettere gli attacchi nelle aree civili. Le forze aree
alleate inoltre diedero caccia alle postazioni missilistiche nel
deserto iracheno.
La campagna terrestre
Le forze della coalizione dominarono l'aria grazie alla supremazia
tecnologica, ma il divario tecnologico per le forze di terra era
addirittura superiore. Le truppe della coalizione possedevano il grande
vantaggio di operare sotto la protezione della supremazia aerea creata
dalla forza aerea prima dell'avvio dell'offensiva di terra. Oltre a
questo possedevano altri due vantaggi tecnologici:
- I carri armati, come gli statunitensi M1 Abrams, i britannici Challenger 1 e i kuwaitiani M-84 erano di gran lunga superiori ai modelli da esportazione dei carri armati sovietici T-72, T-55 (o copie cinesi), T-62
utilizzati dagli iracheni, dato che non esistevano camere termiche per
poter scoprire nemici a distanze superiori e i proiettili in uso erano
di qualità inferiore a quelli russi. Gli equipaggi erano meglio
addestrati e con una dottrina bellica superiore.
- L'uso del GPS ha permesso alle forze della coalizione di spostarsi
anche in assenza di punti di riferimento. Questo rese possibile
l'attacco di un bersaglio specifico, essendo a conoscenza della propria
posizione e di quella del nemico, invece di vagare ed incontrare il
nemico per caso.
Prime manovre in Iraq
Le prime unità in territorio iracheno furono tre pattuglie dello squadrone B dello
Special Air Service britannico, con il nome in codice di
Bravo One Zero,
Bravo Two Zero e
Bravo Three Zero. Queste pattuglie, costituite da otto soldati, atterrarono dietro alle linee nemiche per raccogliere informazioni di
intelligence
sui movimenti dei sistemi di lancio Scud che non potevano essere
rilevati dal cielo. Gli obiettivi includevano anche la distruzione di un
fascio di fibre ottiche per le comunicazioni.
Gli elementi della 2ª brigata, 1ª divisione cavalleria effettuarono un'operazione di ricognizione il 9 febbraio
1991,
seguita da una seconda operazione di ricognizione che distrusse un
battaglione iracheno. Il 22 febbraio l'Iraq accettò un accordo di
cessazione dell'ostilità da parte dell'Unione Sovietica, che prevedeva
il ritiro delle truppe irachene fino alle posizione precedenti
all'invasione entro sei settimane seguito da una totale cessazione delle
ostilità, sotto il monitoraggio del consiglio di sicurezza ONU. La
coalizione rifiutò la proposta, ma affermò che le forze irachene non
sarebbero state attaccate mentre si ritiravano. Per questo la coalizione
lanciò il definitivo ultimatum esattamente alle 12:00 pm Eastern
Standard Time del 22 febbraio 1991 (20:00 ora locale a Baghdad)
stabilendo un periodo di 24 ore entro il quale Saddam avrebbe dovuto
ritirare le truppe incondizionatamente dal Kuwait senza essere
attaccato, precisamente l'ultimatum sarebbe scaduto alle 12:00 pm del
giorno seguente (23 febbraio 1991), 20:00 ora locale a Baghdad. Il
lancio dell'ultimatum fu dichiarato ufficialmente dal presidente
americano George H.W. Bush:
"The coalition, will give Saddam Hussein,
until noon Saturday, to do what he must do, begin, his immediat, and
unconditional withdraw from Kuwait. (la coalizione, darà a Saddam
Hussein, fino a mezzogiorno di sabato, la possibilità di fare ciò che
deve essere fatto, cioè iniziare l'immediato e incondizionato ritiro dal
Kuwait)".
Operazione Desert Sabre
Liberazione del Kuwait
parte della Guerra del Golfo
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Mappa dell'offensiva terrestre tra il 24 e il 28 febbraio 1991
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Data |
24 - 28 febbraio 1991 |
Luogo |
Kuwait, Iraq |
Esito |
Vittoria della Coalizione e fine della guerra |
Schieramenti |
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Comandanti |
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Effettivi |
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Perdite |
1.155 morti
70 prigionieri |
35.000 morti
150.000 prigionieri |
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Voci di battaglie presenti su Wikipedia |
Alle 04:00 di notte del 24 febbraio
1991 la 6ª divisione leggera francese (che includeva unità della
Legione straniera francese
e facente parte del XVIII corpo D'armata composto oltre che dalla 24ª
Divisione di fanteria meccanizzata, dal 3 reggimento di cavalleria
corazzata, dall'82ª e dalla 101ª Divisione aviotrasportata) penetrò in
Iraq per molti km fino all'aeroporto di As Salman per creare un muro
difensivo contro un eventuale contrattacco iracheno dal nord;
simultaneamente le truppe saudite della 20 brigata corazzata penetrarono
lungo la costa del Kuwait, e allo stesso tempo la 1ª e la 2ª divisione
marines (supportate dalla brigata Tiger della ormai smantellata 2ª divisione corazzata dell'
esercito USA di stanza nella
repubblica federale tedesca) entrarono anch'esse nel
Kuwait senza incontrare resistenza. Due ore dopo alle 08:00 am la 101ª divisione aviotrasportata conduce un attacco aereo con gli
elicotteri UH-60 Black Hawk per la costruzione di una zona di rifornimento per gli elicotteri da attacco
AH-64 Apache. Subito dopo, il
VII Corpo statunitense, lanciò un attacco in Iraq alle 14,35, a ovest del Kuwait, prendendo le forze irachene di sorpresa.
Il VII Corpo d'armata era composto da: la 1ª divisione di fanteria
meccanizzata dell'esercito USA, la 1ª e la 3ª divisione corazzata
dell'esercito USA, la 1ª divisione corazzata britannica, e il 2
reggimento di cavalleria corazzata dell'esercito USA e dalla 1ª
divisione di cavalleria dell'esercito USA. Il 25 febbraio
1991
mentre le battaglie infuriavano la divisione di cavalleria era rimasta
ferma per far credere agli iracheni che un altro attacco era imminente
sullo Wadi al Batin, però ormai il giorno dopo, il 26 febbraio, era
ormai chiaro l'intento del VII Corpo d'armata: accerchiare girando verso
est, tagliare fuori e annientare la
Guardia repubblicana irachena
sul confine tra Iraq e Kuwait. Di conseguenza la 1ª divisione di
cavalleria si ricongiunse con il VII Corpo d'armata quasi completando
l'accerchiamento. Il fianco destro era conquistato invece dalla
fanteria della 1ª Divisione corazzata britannica, che annientò altre ultime sacche di resistenza della guardia repubblicana.
Alla fine gli alleati entrarono in contatto con la temuta guardia repubblicana sul confine annientandola quasi completamente.
L'"Autostrada della morte"
L'avanzamento della coalizione fu più veloce di quanto i generali
statunitensi si potessero aspettare. Il 26 febbraio le truppe irachene
iniziarono a ritirarsi dal Kuwait, incendiando tutti i
pozzi petroliferi
kuwaitiani che incontrarono. Un lungo convoglio di truppe irachene in
ritirata si formò lungo la principale autostrada tra Iraq e Kuwait.
Questo convoglio venne bombardato così intensamente dalla coalizione che
divenne noto con il nome di
"Autostrada della morte".
Le forze della coalizione continuarono ad inseguire le forze irachene
oltre il confine ed oltre, prima di rientrare quando gli iracheni si
trovarono ad una distanza di 240 km da Baghdad.
Un centinaio di ore dopo l'avvio della campagna di terra alle 04:00
am del 24 febbraio, il presidente Bush dichiarò la cessazione delle
ostilità e il 28 febbraio alle ore 08:00 am a
Baghdad (mezzanotte del 27 febbraio
EST) dichiarò la liberazione del Kuwait e la fine della guerra del golfo.
Analisi post-bellica
Anche se venne detto che il numero delle truppe irachene oscillava
intorno alle 545 000 unità, al giorno d'oggi molti esperti ritengono che
le valutazioni quantitative e qualitative dell'esercito iracheno furono
esagerate, poiché includevano anche le unità temporanee e ausiliarie.
Molti soldati iracheni erano giovani, con scarse risorse e un
addestramento inadeguato.
La coalizione inviò 540 000 unità, oltre a 100 000 soldati turchi che
furono dispiegati lungo il confine tra Turchia e Iraq. Questo provocò
la diluizione delle forze irachene che si dovettero dispiegare lungo
tutti i confini del paese. In questo modo l'avanzata statunitense non
solo fu avvantaggiata dalla superiorità tecnologica, ma anche dalla
quantità maggiore di forze in campo.
Saddam Hussein acquistò equipaggiamento militare da quasi tutti i
principali fornitori presenti nel mercato mondiale degli armamenti. In
questo modo non ci fu una standardizzazione dell'esercito, che era molto
eterogeneo e soffriva di inadeguata preparazione e motivazione. La
maggior parte delle forze corazzate irachene utilizzava dei vecchi carri
armati cinesi Type-59 e Type-69, dei
T-55 sovietici risalenti agli anni cinquanta e sessanta e alcuni
T-72
più moderni. Questi veicoli non erano equipaggiati con gli ultimi
ritrovati bellici (ad esempio la visione termica): ne conseguì che la
loro efficacia in combattimento fu molto limitata. Inoltre gli iracheni
non riuscirono a trovare delle contromisure efficaci per le visuali
termiche e i
proiettili perforanti a rilascio d'involucro utilizzati dai carri armati
M1 Abrams e
Challenger 1.
Questa tecnologia permise ai carri armati della coalizione di
ingaggiare e distruggere efficacemente i carri iracheni da una distanza
tre volte superiore a quella dei loro avversari. Gli iracheni non
possedevano neppure dei proiettili efficaci per l'armatura Chobham dei
carri statunitensi e britannici.
Le forze irachene non utilizzarono le tecniche di
guerriglia urbana che avrebbero potuto sfruttare nella città di
Kuwait City.
In questo modo avrebbero potuto annullare alcuni vantaggi tecnologici
della coalizione. Tentarono di adottare la dottrina sovietica sviluppata
negli anni cinquanta per gli attacchi in massa, ma l'implementazione
fallì a causa della scarsa preparazione dei comandanti e degli attacchi
aerei preventivi statunitensi contro bunker e centri di comunicazione.
Controversie
Sindrome della guerra del Golfo
Circa 50 000 soldati statunitensi su 700 000 mandati nel Golfo nel 1991 per combattere la "guerra tecnologica" contro
Saddam Hussein contrassero una malattia che intaccava il
sistema immunitario. La malattia nota come «sindrome del Golfo» è da attribuirsi a
vaccini sperimentali contro l'
antrace che
il Pentagono
fece iniettare a tutti i militari indistintamente. I figli di questi
soldati nacquero con gravi malformazioni e malattie incurabili come la
mancanza di organi interni, paralisi, problemi respiratori. Questa
agghiacciante verità è arrivata all'attenzione del grande pubblico
grazie ad un regista italiano,
Alberto D'Onofrio, il quale ha girato un documentario per conto della
Rai
con le testimonianze di persone che hanno avuto a che fare con questa
malattia, il filmato non è stato mai mandato in onda dalla tv pubblica.
D'Onofrio gira l'Italia con il filmato per far conoscere i fatti;
Sudnews ha allestito un sito e un forum per dare un contributo alla
divulgazione delle atrocità che una guerra comporta.
Effetti dell'uranio impoverito
Area approssimata che mostra dove vennero utilizzati i proiettili contenenti uranio impoverito
L'
uranio impoverito
fu utilizzato nella guerra nei proiettili perforanti e nelle munizioni
dei cannoni da 20–30 mm. L'uranio impoverito è un metallo pesante la cui
tossicità è analoga ad altri metalli come il piombo e il tungsteno,
[19]
e il suo uso fu indicato come un fattore decisivo in molti problemi di
salute sia nei soldati angloamericani che nelle popolazioni civili,
anche se la comunità scientifica non ha raggiunto un parere unanime.
[20]
L'Autostrada della Morte
Nella notte tra il 26 e il 27 febbraio 1991, le forze irachene in
fuga iniziarono a lasciare il Kuwait attraverso l'autostrada a nord di
Al Jahra.
Una colonna di circa 1400 veicoli militari e civili venne attaccata dai
caccia dell'aeronautica e della marina statunitense. L'attacco, molto
controverso, distrusse tutto il vasto convoglio, attraverso un
bombardamento durato diverse ore. Alcuni veicoli del convoglio erano
rubati e caricati con bottini di guerra provenienti dal Kuwait.
Abusi sui prigionieri di guerra della coalizione
La televisione irachena mostrò alcuni prigionieri di guerra con
visibili segni di abusi mentre ripudiavano la coalizione. Tra questi,
furono presi come prigionieri anche gli italiani
Maurizio Cocciolone e
Gianmarco Bellini.
Attraversamento dei confini iracheni
Alcune forze irachene che attraversarono il confine con il Kuwait si
stavano ritirando, ma le forze della coalizione continuarono ad
inseguire ed attaccare i resti delle forze irachene in ritiro attraverso
il territorio iracheno. Il mandato ONU richiedeva l'espulsione delle
forze militari di Saddam Hussein dal Kuwait, e secondo alcuni non
autorizzava l'attacco nel territorio iracheno. Qualche ufficiale
militare giustificò l'attacco evidenziando la necessità di prevenire il
raggruppamento e la riorganizzazione di un contrattacco delle forze
irachene.
Perdite
Perdite nella coalizione
Il Dipartimento della Difesa statunitense riferì la perdita di 148 soldati in battaglia e un
pilota disperso di nome
Scott Speicher (identificato solo il 2 agosto del
2009, quindi esattamente 9 anni dopo l'inizio dell'invasione irachena del
Kuwait),
altri 145 statunitensi morirono in incidenti non legati a
combattimenti. Il Regno Unito accusò la perdita di 24 soldati, la
Francia 2 e le nazioni arabe 39.
[21]
Il numero di feriti della coalizione fu di 776 in combattimento, tra cui 467 statunitensi.
[22] Tuttavia, nell'anno
2000,
183 000 veterani statunitensi della guerra del Golfo, più di un quarto
delle truppe che vennero inviate nel Golfo, fu dichiarata affetta da
invalidità permanenti dal
Deparment of Veterans Affairs.
[23]
Circa il 30% delle 700 000 persone che servirono nelle forze
statunitensi durante la guerra soffrono attualmente di gravi sintomi le
cui cause sono da attribuire all'utilizzo di uranio impoverito e altri
elementi tossici utilizzati dalle forze della Coalizione.
[24]
Fuoco amico
Mentre la conta dei morti tra le forze della coalizione che
parteciparono a battaglie contro gli iracheni fu relativamente basso,
molti incidenti fatali avvennero a causa di attacchi accidentali da
parte di forze amiche. Dei 147 soldati statunitensi morti in battaglia,
il 24% fu ucciso dal
fuoco amico. Altri 11 morirono nell'esplosione di munizioni alleate. Nove soldati britannici furono uccisi dall'attacco di un
A-10 Thunderbolt II che aveva scambiato i loro trasporti per mezzi nemici.
Perdite irachene
Delle prime stime stabilirono la morte di 100.000 iracheni, mentre
altre quantificarono tra le 20.000 e le 35.000 perdite irachene ed altre
ancora 200.000.
[25]
Un rapporto commissionato dall'aeronautica statunitense stimò le morti
irachene in combattimento tra le 10.000 e le 12.000 unità durante la
campagna aerea e 10.000 nella campagna di terra
[26], questi dati si basarono sui rapporti dei prigionieri di guerra.
Il governo iracheno affermò che 2.300 civili morirono durante la campagna aerea, molti dei quali durante l'attacco degli
F-117 su un edificio a Baghdad che era contemporaneamente un centro militare per le comunicazioni e un riparo per i civili.
In base al
Project on Defense Alternatives study[27], 3.663 civili iracheni e tra 20.000 e 26.000 militari vennero uccisi nel conflitto.
Perdite civili irachene
L'aumento dell'importanza degli attacchi aerei compiuti con aerei e
missili da crociera ha lasciato molte polemiche sul livello delle morti
civili causate nelle prime fasi della guerra. Nelle prima 24 ore venne
compiute più di 1000 uscite, la maggior parte contro bersagli a Baghdad.
La città subì dei forti bombardamenti poiché era la base del potere del
presidente Hussein e del complesso di comando e controllo militare
iracheno.
Durante la lunga campagna di bombardamenti che precedette la campagna
di terra, molti attacchi aerei causarono perdite tra i civili. In un
episodio, i bombardieri stealth attaccarono un bunker ad Amirya, dove vi
erano rifugiati dei civili. Tra i 200 e i 400 civili morirono
nell'attacco e montarono delle polemiche sullo status del bunker, che
secondo alcuni era un riparo civile, mentre altri riferirono che era un
centro per le comunicazioni militare e i civili furono deliberatamente
spostati lì per essere usati come
scudi umani. Una ricerca guidata da Beth Osborne Daponte ha stabilito che le morti tra i civili raggiunsero le 100 000 unità.
[25]
Il dopoguerra
Le perdite in combattimento dalla Coalizione ammontano in tutto a 213
soldati (146 statunitensi, stando alle dichiarazioni
dell'ex-vicepresidente
Dick Cheney
in un'intervista del 1994). Quelle irachene invece sono più difficili
da stimare: le valutazioni variano da circa 20 000 ad oltre 100 000
morti, fra cui diverse migliaia di civili.
Il presidente statunitense
Bush
si attenne al mandato dell'ONU, evitò di penetrare in profondità in
territorio iracheno e di rovesciare il regime di Saddām; questo anche
per timore che un vuoto di potere portasse ad una situazione ancora
peggiore (come una guerra civile in Iraq, o un allineamento fra
Iran ed Iraq). Bush optò invece per una politica di contenimento:
- Costrinse l'Iraq a rinunciare alle armi di distruzione di massa (Weapons of Mass Destruction
o WMD: armi chimiche, biologiche e nucleari) ed ai missili a
medio-lungo raggio. Nel 1991 gli ispettori dell'ONU incaricati di
verificare l'effettivo disarmo iracheno scoprirono diversi programmi
"proibiti" (uno dei quali avrebbe potuto portare a una bomba nucleare
in pochi anni), che furono largamente smantellati. Tuttavia il timore
che potessero essere ripresi fece proseguire le ispezioni fino al
dicembre 1998, quando Saddām espulse gli ispettori con l'accusa di essere spie statunitensi. Nel 2002, in seguito all'attentato alle Torri Gemelle (11 settembre 2001) gli ispettori poterono rientrare in Iraq ma non trovarono mai prove circa la presenza di quelle armi.
- I paesi della regione acconsentirono ad ospitare basi statunitensi,
che servirono alle aviazioni di USA ed UK per imporre all'Iraq due no fly zones
(regioni entro le quali l'ONU aveva vietato i voli militari iracheni),
una nel nord ed una nel sud del Paese. Quella settentrionale favorì la
formazione di un'entità curda quasi indipendente da Baghdad; quella meridionale non impedì la repressione della ribellione degli sciiti del sud. Fra il 1991 ed il 2003 le no fly zones portarono a numerose scaramucce (come i bombardamenti di postazioni contraeree irachene).
- Evitò di abolire le sanzioni economiche
imposte nell'agosto 1990, per rendere impopolare il regime e per
ostacolarne il riarmo. Più tardi le nefaste conseguenze delle sanzioni
sulla popolazione irachena spinsero a un loro leggero allentamento
attraverso l'introduzione del programma Oil for Food, che permetteva all'Iraq di vendere petrolio in cambio di generi di prima necessità.
Questa politica fu proseguita senza grandi cambiamenti dall'amministrazione
Clinton (
1993-
2000).
Tuttavia con l'ascesa alla presidenza statunitense del secondo presidente
Bush (
2001), e specialmente dopo gli attentati terroristici dell'
11 settembre 2001, gli Stati Uniti si dimostrarono sempre più insofferenti di questa situazione, tanto che nel
2003 raccolsero una seconda
coalizione, rovesciando il regime di Saddam Hussein (si veda
guerra in Iraq).
La Guerra del Golfo nella cultura di massa
La Guerra del Golfo ha ispirato dischi e canzoni di protesta, quali:
- La musicassetta Baghdad 1.9.9.1. a cura del collettivo italiano Uniti contro la guerra (1991)
- L'EP Baghdad degli Offspring (1991)
- La Bomba Intelligente, dei 99 Posse
- Il video ufficiale della canzone Afraid to shoot Strangers della Band Inglese Iron Maiden
è ispirato a questa Guerra, il video è un crescendo, parte dalle
dichiarazioni di ultimatum per terminare al ritiro vittorioso delle
truppe dell'Onu.
Filmografia